Reazione occulta

Il principe di Canosa e i calderari.

I moti del 1820-1821 scossero l’Europa che stava cercando di tornare alla normalità dopo i cambiamenti epocali dell’età napoleonica. Pur essendo state tutte soffocate nel giro di poco tempo, le turbolenze di quel biennio fecero capire che l’ordine della Restaurazione era tutt’altro che solido. In Italia i moti erano scoppiati nel 1820 nel Regno delle Due Sicilie e nel 1821 a Torino. In comune le due rivolte avevano la composizione degli insorti: militari membri della Carboneria. Molti erano generali e uomini di Stato di livello molto alto come dimostrato dalla celeberrima, e misteriosa, riunione del 6 marzo 1821 nella biblioteca della casa di Carlo Alberto a Torino. In quell’occasione il futuro re del Regno di Sardegna espresse, con riluttanza, l’appoggio ai rivoltosi. Era un sostegno incerto che ben si sposava con il soprannome che gli venne affibbiato poi: Re Tentenna. L’insurrezione fu segnata dal tradimento di Carlo Alberto e finì con la sconfitta dei rivoltosi nella piazzaforte di Alessandria. Era la fine dei sogni costituzionali.

Ma la prima rivolta scoppiò a Nola, nel Regno delle Due Sicilie, grazie all’opera di due ufficiali minori che si chiamavano Giuseppe Salviati e Michele Morelli insieme al prete Luigi Minichini. L’insurrezione divampò con la secessione della Sicilia e l’appoggio dato ai moti da generali di primo piano come Guglielmo e Florestano Pepe oltre a Domenico Simone Oliva e Giustino Fortunato. Inizialmente si ebbero successi considerevoli con il sovrano Ferdinando I che concesse la Costituzione, molto avanzata, e giurò su di essa. Tuttavia dopo le conferenze di Lubiana e Troppau, le potenze europee decisero per l’intervento sfruttando il tradimento del Borbone che chiese il loro appoggio contro i Costituzionali. La sconfitta a Rieti-Antrodolo fu decisiva con la conseguenza che la rivolta fu soffocata e la Costituzione abrogata nonostante la disperata resistenza del generale D’Ambrosio. Molti furono i delusi, altrettanti coloro che festeggiarono. Tra di essi ci fu Luigi Raffaele Capece Minutolo, meglio conosciuto come Principe di Canosa.

Il Gran Maestro della reazione

Il Principe di Canosa nacque a Napoli nel 1768. Gli studi a Roma non lo fecero entrare in contatto con le idee illuministe e quindi fin da subito abbracciò le idee reazionarie a livello ideologico e pratico. Fu all’opposizione nel 1799 quando i francesi scesero nel Meridione italiano. Il Principe di Canosa sosteneva i lazzari cioè i sanfedisti che agivano nelle città contro i francesi. Fu arrestato e condannato a morte ma liberato con un’amnistia e arrestato di nuovo a causa dei dissidi con il rappresentante del re a Napoli Pignatelli. Minutolo voleva infatti il rispetto delle assemblee aristocratiche di rappresentare il Re mentre Pignatelli, egli stesso rappresentante del re, le snobbava. Quando Murat calò in Italia, il Principe di Canosa seguì il re in Sicilia dove la protezione inglese permetteva ai Borbone di sopravvivere. Nel 1816 tornarono nel Continente e proclamarono la creazione del Regno delle Due Sicilie di cui Minutolo fu ministro della polizia. Egli fu avversario di Donato Tommasi e Luigi de’ Medici, alti funzionari di corte e sostenitori della politica dell’amalgama che mirava all’unione degli elementi napoleonici con quelli borbonici. Il Principe di Canosa invece voleva una resa dei conti, la distruzione delle novità napoleoniche. Voleva, in una parola, la Restaurazione totale. Ma fu più realista del re costringendo le potenze europee a chiederne l’allontanamento. Troppo assolutista e troppi eccessi nella repressione. L’Austria, nume tutelare dei duosiciliani e legata al regno da un trattato di alleanza segreto e perpetuo, non poteva tollerare così tanta durezza. Minutolo fu escluso dal governo e, dopo una breve parentesi da ministro del 1821, non ci tornò mai più. Nel 1820 pubblicò “I Piffari di montagna”, una sorta di autodifesa con una profezia: la politica dell’amalgama porterà a una nuova rivoluzione. Ciò avvenne effettivamente qualche mese dopo la pubblicazione del pamphlet rendendo il Principe di Canosa una Cassandra della reazione nonché suo alfiere riconosciuto in tutta Europa. Egli si stabilì a Modena, uno dei centri della Restaurazione e corte molto conservatrice. In questi anni Minutolo si dedicò alla lotta culturale contro i numerosi giornali liberali che nacquero semi clandestinamente in quegli anni. Alla corte di Francesco IV collaborò al giornale “La voce della verità” mentre dal 1834, dopo il trasferimento a Pesaro, scrisse per “La voce della ragione” di Monaldo Leopardi. Infine il Principe di Canosa finanziò il prete reazionario Gioacchino Ventura e la sua Enciclopedia Ecclesiastica, fondata nel 1821 e fautrice di un cattolicesimo reazionario seguendo gli insegnamenti di Bonard, Haller, De Maistre e Lamennais. Il Principe di Canosa morì a Pesaro nel suo 1838. Della sua vita si sa quasi tutto ma una delle sue iniziative più importanti rimase, e rimane tutt’ora, avvolta nel mistero.

I Calderari

I moti del ’20-’21 furono organizzati, come già detto, dalla Carboneria cioè una setta segreta. Tra le conseguenze della sconfitta degli insorti ci fu un’offensiva contro le più importanti società coperte: Massoneria e Carboneria in primis. Nel 1821 papa Pio VI condannò questo tipo di organizzazioni e scomunicò coloro che entravano nelle varie associazioni sotterranee. L’anno dopo Massimo d’Azeglio affermò che la Carboneria non aveva un reale appoggio. Anzi, le popolazioni erano nettamente schierate con i sovrani. Ed è dopo la repressione dei moti che il Principe di Canosa ritenne opportuno combattere i Carbonari con le loro stesse armi. Per Minutolo era necessaria la rivitalizzazione dei Calderari, o Trinitari, nome derivato dal fatto che fossero protetti dalla Santissima Trinità. La loro origine è avvolta in una nebbia indistricabile. Secondo lo stesso Principe di Canosa i Calderari nacquero dopo l’invasione francese nel 1799 mentre secondo il Conte Orloff, spia russa nel regno delle Due Sicilie, erano figli di una scissione interna alla Carboneria tra legittimisti e liberali dopo la fine della convivenza forzata causata dalla comune lotta al francese invasore. Sulla loro nascita quindi non c’è accordo. C’è invece quasi totale concordanza sulla loro struttura interna: tre o cinque gradi. Nel primo caso alla base c’è un amico cavaliere, come livello intermedio un principe e al vertice un gran principe. Nel secondo il primo grado è il cavaliere, poi c’è il principe, il gran principe, l’alto principe e infine l’altissimo principe. Tuttavia si sa che i Calderari entrarono in sonno fino al 1816 per poi tornare misteriosamente in azione proprio quell’anno. Il Principe di Canosa respinse sempre le accuse di essere a capo dei Calderari e si difese convintamente anche ne “I Piffari di montagna”. Tuttavia le sue impronte sulla rinascita della setta segreta reazionaria sono dappertutto. In primis il nome segreto del capo dei Calderari, sia esso gran principe o altissimo principe, ricorda molto l’appellativo del Principe di Canosa. Sotto il ministero Minutolo furono rilasciati sedicimila permessi per le armi. A chi? A questa domanda non c’è risposta. Nonostante ciò si sapeva che il Principe di Canosa riteneva necessario combattere la Massoneria, più importante della Carboneria, con le sue stesse armi: segretezza, lotta armata e illegalità. Ogni Calderaro doveva uccidere tre Carbonari. Fioccarono gli arresti tra i membri della setta reazionaria. Simbolo di uno scontro che coinvolgeva anche l’élites governative duosiciliane. Tuttavia questo non è l’unico indizio che porta all’identificazione del Minutolo come capo dei Calderari. Infatti nel 1822, quando il Principe di Canosa venne costretto all’esilio, i Calderari tornarono in sonno. Stavolta per sempre. Una coincidenza troppo palese per non essere rivelatrice. Dopo quell’anno, la misteriosa setta segreta reazionaria tornò tra le nebbie della Storia.

Conclusione

La ricostituzione dei Calderari fu probabilmente parallela alla presa di coscienza che l’unico modo per combattere le società segrete era ricopiarle. Il Principe di Canosa era nemico della tolleranza, del liberalismo, della democrazia e di tutte le innovazioni napoleoniche. Erede delle idee di Hoffman e Barruel, era convinto che la rivoluzione francese fosse stata un enorme complotto per far vincere miscredenza e demagogia e che le stesse società segrete avessero un’unica centrale. Se non si fosse ritornato all’Ancien Regime, la situazione sarebbe solo peggiorata. Era assolutamente vitale l’alleanza tra trono e altare, altrettanto centrale era il cattolicesimo. Ma gli uomini al comando del neonato regno delle Due Sicilie volevano la conciliazione. Per Minutolo essa non era solo impossibile ma anche deleteria, da combattere con ogni mezzo. Di conseguenza è logico pensare che il Principe di Canosa potesse ricreare una setta reazionaria che aveva già delle solide basi. L’esperimento fu fallimentare tuttavia non fu l’ultimo tentativo dei reazionari di combattere gli insorti con le loro stesse armi. Dopo i moti del ’30-’31 il duca di Modena Francesco IV diede vita ai Militi modenesi, una sorta di formazione paramilitare con lo scopo di reprimere i liberali. Era passato un solo decennio da quando il Principe di Canosa sembrava pronto a schiacciare il liberalismo napoletano per sempre ma egli era già stato travolto dal ritmo sempre più accelerato della Storia.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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