Se collassa uno Stato

Nel periodo pandemico si è sviluppato un brevissimo dibattito sul ruolo dello Stato. Si adombrava un ritorno di quest’ultimo attore, messo sotto assedio dalla valanga neoliberista degli anni Ottanta. Tuttavia, in Italia, tali discorsi sono terminati in tutta fretta. Il potenziale della mancata occasione potrà essere pienamente compreso solo tra anni ma la sensazione di essere davanti ad un’occasione persa è più che giustificata. Nel campo della sanità, ad esempio, la pantomima dei nostri politici sull’assoluta necessità di rinforzare il settore, e in primis la medicina di prossimità, è velocemente terminata. L’avanzata del privato è sempre più difficile da contrastare data l’assoluta mancanza di volontà nel farlo.

Ma un altro campo in cui si è notata la gigantesca assenza dello Stato è la serie di calamità naturali che ha colpito l’Italia nel mese di luglio. La Sicilia, isola al centro del Mediterraneo, è rimasta con un solo aeroporto funzionante. La sua terra, divorata dagli incendi, condannata dall’assenza di Canadair e mezzi di intervento. L’ennesima testimonianza di come la Sicilia sia un pezzo d’Italia che sfugge dal controllo di Roma che non ne valorizza la posizione strategica. Le infrastrutture sono disastrose e testimoniano il fallimento delle “regioni a statuto speciale”. Queste ultime hanno avuto il solo successo di ingrassare una classe politica parassitaria e già numerosa. Ma anche a Milano, cuore economico della Nazione, gli alberi crollati dopo la fortissima grandinata sono rimasti sul terreno per giorni prima di essere portati via. Inefficienza e lentezza a tutti i livelli statali. Ma le sfide che si dovranno affrontare richiedono uno Stato centrale forte.

In Grecia, esempio di una Nazione al collasso, gli incendi a Rodi hanno messo in evidenza per l’ennesima volta il dissolvimento virtuale dello Stato. Tra turisti inglesi, italiani, nordeuropei non c’era l’ombra di Protezione civile o pompieri. Questi ultimi erano impegnati in una lotta impari. Il fuoco ha messo a dura prova i mezzi scientificamente ridotti dello Stato greco.

Come vari analisti hanno fatto notare, il governo Meloni si sta giocando le sue carte puntando su un atlantismo inflessibile per far dimenticare qualche politica sgradita a livello interno. La stessa decisione, sbandierata ma che dovrà essere presa dopo un passaggio al Parlamento, di uscire dall’accordo della via della Seta con la Cina è un chiaro messaggio a Washington: usateci come una Polonia del Mediterraneo.

La sistematica demolizione dello Stato centrale, iniziata con la svalutazione di Camera e Senato e proseguita con la riduzione del numero dei parlamentari, potrebbe continuare con l’approvazione dell’autonomia differenziata. La riforma pensata da Calderoli è in palese contraddizione con il momento storico che vede la riaffermazione dello Stato. Ma in Italia questa tendenza sembra ignorata, sepolta da anni di smantellamento dell’apparato pubblico. E non si parla solo di economia ma anche a livello istituzionale.

In conclusione, per affrontare gli stravolgimenti del futuro serve lo Stato. Gli organismi sovranazionali sono stati svuotati dalle loro funzioni. L’UE, ad esempio, rimane una struttura tecnico-finanziaria senza alcun tipo di dinamismo politico e sociale. Se questi sono gli apparati globali, la soluzione non può che essere una restaurazione dell’apparato statale in campi diversi: economia e diritti sociali in primis.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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