Il Montenegro conteso

Un piccolo Paese balcanico in un’enorme scacchiera.

La collocazione geografica del Montenegro.

Il 30 agosto 2020 è avvenuto un terremoto politico in Montenegro. Il dominatore dell’agone politico del piccolo stato balcanico, Milo Djukanovic, ha perso le elezioni mantenendo tuttavia la carica di Presidente fino al 2023. Il leader del Partito Democratico dei Socialisti, DPS, non ha più la maggioranza assoluta in Parlamento ed è stato costretto ad abdicare dopo trent’anni alla guida del Montenegro, alternati tra la carica di primo ministro e presidente. Il nuovo governo è una coalizione tra forze eterogenee: europeisti, filo-serbi ed ecologisti. Il presidentissimo ha governato il Montenegro riciclandosi sempre. Da filo-Milosevic a convinto europeista, Djukanovic ha comandato da autocrate ma protetto dal suo essere filo-occidentale.

L’inaspettata sconfitta è dovuta a una gestione del potere sempre più nepotista e da una corruzione endemica ma soprattutto dal conflitto con la Chiesa ortodossa. Djukanovic ha tentato di nazionalizzare i beni della Chiesa senza atto di proprietà. Ciò ha scatenato l’ira dell’influente istituzione che ha scatenato una campagna contro il padre-padrone del Montenegro. Una campagna vittoriosa visto che la Chiesa ha raggiunto il suo obiettivo: spodestare il neo-nemico Djukanovic.

Le religioni in Montenegro.

Dopo poco meno di un anno di governo c’è già il rischio di crisi. Il presidente ha rifiutato di firmare l’atto che ratifica la sostituzione di due generali capi dell’esercito. Il primo ministro Zdravko Krivokapic deve quindi gestire una situazione non facile. Infatti è stretto tra un presidente, Djukanovic, portato per abitudine ultratrentennale all’interventismo in politica e un Paese in fermento per due questioni principali: l’ingresso nell’UE e la crescente influenza cinese.

Unione Europea

Milo Djukanovic, come già detto, si è presentato come filo-occidentalista con grande successo. Ciò gli ha permesso di sfuggire anche alla giustizia del nostro Paese dato che l’accusa di contrabbando di sigarette nei suoi confronti è stata fatta decadere. Chiusa parantesi. Il nuovo primo ministro Krivokapic si è affrettato ad affermare che manterrà la stessa agenda estera del suo predecessore. L’obiettivo rimane quello di entrare nell’Unione Europea nonostante la presenza dei filo-serbi al potere. Un processo di europeizzazione iniziato nel 2012 e che dovrebbe concludersi nel 2026. Il Montenegro procede a passo deciso verso l’entrata nell’Unione. In un viaggio diplomatico a Berlino, già di per sé indicativo del volere dell’esecutivo sorto dalle ultime elezioni, il ministro degli esteri montenegrino Radulovic ha affermato: “La Germania è stata un convinto sostenitore dell’integrazione nell’UE. Se si guarda indietro alla storia, si nota che ogni singolo allargamento è stato […] sostenuto dalla Germania”. E ancora: “Penso che abbiamo già scelto una parte”. Dichiarazioni molto esplicite sulle convinzioni europeiste del Montenegro.

Serbia

Le convinzioni europeiste sono minate però dalla presenza di una cospicua minoranza serba che dovrebbe attestarsi tra il 28% e il 33%. Questa minoranza guarda a Belgrado e a Mosca. I rapporti tra Serbia e Montenegro sono sempre stati molto stretti. Così come quelli tra Podgorica e Mosca. I russi sono il terzo Paese per investimenti nel Montenegro e sono molto presenti nel campo immobiliare. Lo stesso distaccamento del Montenegro dall’unione con la Serbia, avvenuto nel 2006, è stato doloro e divisivo. Il referendum è stato vinto dagli indipendentisti con solo il 55.5%. Djukanovic ha portato avanti politiche anti-serbe. All’opposto il presidente serbo Vucic ha cercato di far leva sui sentimenti nazionalisti della minoranza serba. Il nuovo governo sembra, per sua stessa composizione, più attento alle istanze di Belgrado e quindi di Mosca.

La composizione etnica del Montenegro.

NATO

Il 5 giugno 2017 il Montenegro è entrato nella NATO. Il progetto di allargamento dell’Alleanza Atlantica a est ha trovato una sponda ben disposta in Djukanovic. Ma questo fatto non è stato privo di punti oscuri. Nel 2016 Djukanovic ha arrestato i capi del Fronte Democratico, filo serbo, Mandil e Knezevic. L’accusa è stata quella di aver preparato un colpo di stato contro il presidente con l’obiettivo di eliminarlo fisicamente. Il fine ultimo era quello di avvicinare Podgorica a Mosca e Belgrado. Le menti del golpe sarebbero stati due cittadini russi. Tra cui un tale Sismakov, membro dei servizi segreti militari russi. Tuttavia il fallito colpo di mano è stato più utile a Djukanovic che all’opposizione. Per tre ragioni. La prima è che le forze contrarie al presidente si sono ritrovate senza due importati leader. La seconda è che Djukanovic è riuscito a ricompattare il suo Paese dietro di lui, salvando la sua pericolante maggioranza. La terza è che il presidente si è spianato la strada per un’entrata senza opposizioni nella NATO.

Cina

In questo contesto di molteplici interessi che si intrecciano tra loro si inserisce a gamba tesa la Cina. Il Celeste Impero è la Nazione che ha investito più soldi in Montenegro nella prima metà del 2020. Con settanta milioni di dollari Xi ha superato l’Italia, seconda a 43.3 milioni, e la Russia, terza con 42.5 milioni in questa particolare classifica. La Cina è impegnata nell’importante progetto di un’autostrada che collega il porto montenegrino di Bar a Belgrado. Questo investimento, insieme alla vendita di due navi a una compagnia di spedizione montenegrina e al progetto di un impianto eolico, è stato al centro di varie polemiche. Il costo della strada è lievitato dagli ottocento milioni al miliardo e mezzo. Insieme ad esso è aumentato notevolmente anche il debito pubblico del Montenegro. Debito pubblico che è tenuto per il 25% dalla Cina. Si temeva che il piccolo paese balcanico potesse essere vittima della trappola del debito. Ma, per adesso, la Cina ha mantenuto il suo modus operandi che consiste nel non immischiarsi negli affari politici delle altre Nazioni. Tuttavia Pechino non ha fermato gli investimenti, soprattutto nelle infrastrutture. La Cina ha investito 54 milioni una centrale termica. Infine sembra che il cambiamento di regime sia stato accolto positivamente dall’establishment comunista. L’impressione è che gli investimenti cinesi nel Montenegro non sono finiti qua.

La collocazione del porto di Bar.

Il Montenegro ha poco più di seicentomila abitanti, un territorio piccolo e un’economia con alti e bassi. Tuttavia la sua importanza geostrategica è ben testimoniata dal fitto intreccio di interessi che si dipana nel Paese. Il regno di Djukanovic sembra finito e si aprono di conseguenza delle brecce all’interno della politica e dell’economia montenegrina. Brecce che potranno essere sfruttate da chi ha interesse nel portare il Paese balcanico dalla propria parte. In posizione di vantaggio c’è il duo UE-NATO che vuole continuare l’allargamento ad Est e che può contare su un governo amico. C’è la solita coppia Mosca-Belgrado, pronta a sfruttare l’infiammabile e cospicua minoranza serba nel Montenegro per riportarlo nella grande famiglia ortodossa. E infine c’è la Cina, nuova protagonista nella zona ma già economicamente ben piazzata e pronta a inondare di denaro lo Stato montenegrino in modo da renderlo una testa di ponte per l’incursione in Europa. Chi la spunterà?

Pubblicato da unaltropuntodivista

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