C’era una volta la Turchia secolare

Una Caporetto nel futuro del laicismo turco?

La Turchia ha una lunga storia di laicismo che inizia già con il crepuscolo dell’Impero Ottomano e prosegue con Mustafa Kemal Ataturk fino agli anni novanta del secolo scorso. Ma adesso la situazione sta cambiando. Erdogan infatti sta picconando il secolarismo che caratterizzava la politica religioso di Ankara. Il sultano in nuce ha in un primo momento assecondato la tradizione laica per poi svoltare, dopo il 2010, in direzione dell’islamizzazione della società. Tale processo ha subito un’accelerazione dopo lo strano golpe del 2016 con cui Erdogan ha dato un giro di vite in tutti i settori della vita pubblica turca. Un colpo di Stato probabilmente organizzato dallo stesso leader del partito della Giustizia e dello Sviluppo, l’APK, per garantirsi la fedeltà di tutte le istituzioni, esercito e giustizia in primis. Questi ultimi, specialmente il primo dei due, sono stati i bastioni del laicismo, garanti della separazione tra Stato e religione. L’islamizzazione di Erdogan sta infatti coinvolgendo anche soldati e giudici, tradizionalmente secolari. Un secolarismo, quello turco, molto intransigente, simile a quello francese. La separazione tra le due sfere della vita sociale è rigida, la religione deve rigorosamente rimanere confinata nell’ambito privato. È un fatto di coscienza personale. Questo laicismo alla francese è contrapposto a quello americano che garantisce allo stesso modo la tolleranza religiosa ma permette che la spiritualità provi ad influenzare la vita pubblica. La Turchia sta dunque passando da un laicismo alla francese a uno all’americana che tuttavia, in questo contesto, porta diritto all’islamizzazione della società.

La storia del secolarismo turco

I sultani dell’Impero Ottomano avevano stabilito la propria autorità attraverso due tipi di legge: la Sharia, la legge islamica e il Kanun cioè la legge civile, legittimata dalla Sharia stessa ma separata da essa. Una parvenza di separazione tra Stato e religione era dunque presente. Ma nonostante venisse considerato, a ragione, il “grande malato d’Europa” l’Impero annullò le distinzioni tra fedi nel 1876. Nel 1908 la Costituzione e le conseguenti tutele per le minoranze religiose furono reintrodotte dopo il regno autocratico di Abdul Hamid. Con la presa del potere di Ataturk e la dissoluzione del multietnico dominio ottomano la situazione cambiò. Il “Padre dei Turchi” basò il proprio pensiero e la propria azione su due pilastri: il nazionalismo e il laicismo. Quest’ultimo significava che la religione non aveva alcun spazio nella vita pubblica. I kemalisti infatti ritenevano che essa era un ostacolo al progresso. Tuttavia Ataturk non riuscì a far sfondare il laicismo nonostante le numerose iniziative prese in tal senso: chiusura delle scuole islamiche, passaggio dall’alfabeto arabo a quello latino, controllo su moschee e imam, turchizzazione delle istituzioni e diffusione di scuole pubbliche. Tuttavia, come già detto, il secolarismo non riuscì a scalfire l’attaccamento dei turchi all’Islam. Il laicismo fu infatti visto come un’imposizione occidentale e suscitò la reazione dei circoli religiosi. A fine anni ‘80 il dibattito sulla questione si infiammò a causa di una legge approvata dal Parlamento che obbligava gli studenti delle università a coprire collo e capelli con un turbante o un velo. La Corte Costituzionale Turca abrogò la legge in quanto contraria al concetto di laiklik, termine turco che ha origine da quello francese “laicité” con questa giustificazione: “Il secolarismo è uno stile di vita, che basa la nazionalizzazione, l’indipendenza, la sovranità nazionale, e l’idea di umanità sulla prevalenza della ragione, della libertà e della democrazia che si è sviluppata per mezzo dell’Illuminismo scientifico attraverso la distruzione del dogmatismo del Medioevo. Sebbene, in senso stretto, [il secolarismo] sia definito come la separazione tra gli affari statali e quelli religiosi, è, infatti, ampiamente accettato nella letteratura che esso stia a significare l’ultima tappa di un’evoluzione intellettuale e organizzativa che hanno le società hanno sperimentato. Il secolarismo è una svolta sociale basata sulla sovranità, la democrazia, la libertà e l’informazione, nonché un regolatore contemporaneo della vita politica, sociale e culturale.”

Ai giorni nostri

Con la presa del potere da parte di Erdogan la situazione è cambiata. Il sultano ha privilegiato comunità islamiche, scuole islamiche ed educazione sunnita. Ma non si è limitato a ciò. Erdogan ha implementato le politiche contro il consumo degli alcolici e ha spinto i mass media a sponsorizzare valori spirituali sui loro canali. Senza dimenticare la clamorosa conversione di Hagia Sophia da museo a moschea. Non la prima né l’ultima trasformazione di un spazio laico in un luogo di culto. Però è stato il più clamoroso di questi rinnovamenti che in realtà guardano al passato. Erdogan distrugge il laicismo sia materialmente sia simbolicamente. Ciò per trovare consenso grazie a una sorta di populismo musulmano che ha il compito di compattare il Paese e di aiutarlo nel raggiungere gli ambiziosi, e forse poco realistici, obiettivi che il leader dell’AKP vuole ottenere in politica estera. Erdogan non ha attaccato direttamente il concetto di laiklik ma lo ha anestetizzato e reso inutile. L’opinione pubblica turca non è più interessata alla questione del secolarismo e sia la stampa pro-Erdogan sia ciò che rimane di quella all’opposizione predilige altri argomenti. La stessa tendenza si percepisce chiaramente anche nel panorama politico. E l’esercito e la giustizia si ritrovano sempre più isolati nella resistenza laica.

Resistenza laica

Come già detto l’esercito e la magistratura sono i bastioni tradizionalmente laici del panorama sociale turco. Tuttavia, dopo l’autogolpe del 2016, l’esercito, principale difensore del secolarismo turco e considerato il protettore principale dell’eredità di Ataturk, ha subito un duro contraccolpo con vere e proprie purghe che hanno quasi mortalmente fiaccato la resistenza anti-Erdogan. Il TSK, l’acronimo delle forze armate di Ankara, ha un concetto molto alto di laicismo e di protezione di esso che non è solo militare ma anche socio-culturale. Proprio per questa ragione l’esercito è incline all’intervento in politica interna. Sono stati ben tre gli interventi diretti del TSK: nel 1960, nel 1971 e nel 1980 oltre a un intervento indiretto nel 1997 quando l’esercito fece enormi pressioni per forzare le dimissioni del presidente Necmettin Erbakan, filo-islamista. Queste continue ingerenze sono giustificate dall’ampio significato che gli alti ufficiali dell’esercito, quasi tutti kemalisti convinti, danno al loro ruolo. Le forze armate hanno il compito di preservare la Costituzione e lo Stato di cui il laicismo è un cardine. Permettere che esso venga calpestato equivale a tradire il loro giuramento nei confronti del popolo turco. Ma Erdogan sta vincendo la sua guerra anche in questo campo e l’esercito, così come la magistratura, sembrano in netto affanno.

Conclusioni

La lunga tradizione del secolarismo turco, ispirato a quello francese e che ha in Ataturk il suo esempio spirituale, è messo in pericolo dal tentativo di islamizzazione che Erdogan sta portando avanti. Un processo già avviato i cui risultati tuttavia non sono ancora chiari. Il sultano fallirà come ha fallito il padre della Turchia? Ataturk non è riuscito a cambiare la società turca che è rimasta legata alle tradizioni religiose mentre Erdogan incontrerà sicuramente resistenze alla sua volontà di islamizzare. Quindi il successo non è certo. Di sicuro c’è la volontà del leader dell’AKP di sfruttare la religione per sostenere la sua volontà di potenza. La risposta alla minaccia può essere una sola: long live laiklik!

Pubblicato da unaltropuntodivista

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