Considerazioni a 44 anni dall’omicidio di Mino Pecorelli

Sono passati esattamente 44 anni dall’uccisione di Carmine Pecorelli, detto Mino. Nel nostro piccolo abbiamo cercato di far conoscere la sua parabola umana e professionale da diversi punti di vista, sia sul nostro sito sia su diversi altri. L’obiettivo è quello di togliere il nome di Pecorelli dal fango della storia. Sul direttore dell’Osservatore Politico non si è ancora fatto un bilancio storico complessivo soddisfacente. Anche se alcuni passi in avanti ci sono stati. Ancora troppe poche persone conoscono Pecorelli e OP e rimane il grosso problema dei troppi luoghi comuni. Termini dispregiativi, come “ricattatore”, faticano ad essere espulsi dall’immaginario comune di quelle persone, peraltro non molte, che conoscono Pecorelli.

Il giudizio sulla sua figura non può prescindere da alcune considerazioni. In primis la profondità dei suoi contatti nei più diversi campi lo rese un unicum nel panorama giornalistico italiano. Impressionanti i suoi legami con gli alti ufficiali dei Carabinieri, Dalla Chiesa e Varisco soprattutto, e dei servizi segreti, Miceli ma anche Labruna e altri. Pecorelli costruì solide connessioni per ottenere informazioni anche nel panorama politico, soprattutto nella DC: Carenini, Evangelisti, Bisaglia e altri. La contiguità con questi ambienti gli permise anche di ottenere notizie inedite sul mondo economico. Pecorelli inoltre non ebbe problemi a sviluppare rapporti all’interno della massoneria e della borghesia criminale romana, spesso legata a doppio filo a servizi segreti e mondo economico.

Le grandi inchieste di Pecorelli sul caso Moro, sul golpe Borghese, sul Mi.Fo.Biali, sulla massoneria in Vaticano e sullo scandalo Italcasse sono solo alcuni argomenti trattati dal direttore di OP. Il giornalista molisano approfondì anche le origini dello strapotere craxiano all’interno del PSI senza disdegnare analisi di politica estera, concentrate soprattutto sulla descrizione dei cambiamenti degli equilibri interni dovuti alle decisioni esterne di Washington in primis. Sergio Flamigni, che curò diverse antologie di articoli pecorelliani, lo additò come la voce profonda dell’ultra atlantismo italiano. L’errore di valutazione è, tuttavia, grave. Pur avendo idee politiche chiare, Pecorelli era un giornalista e il suo scopo era informare. Per questo pubblicava tutto ciò su cui riusciva ad ottenere informazioni. Per questo il suo omicidio, ancora irrisolto, risulta una macchia indelebile nella storia repubblicana, costellata di misteri e mezze verità.

Infine, una piccola postilla su possibili sviluppi di ricerca. Sono due i filoni più significativi, tra le miriadi di spunti che si ottengono leggendo anche solo pochi articoli di Pecorelli, da sviluppare. Il primo riguarda i rapporti tra Pecorelli e i servizi segreti, su cui c’è ancora moltissimo da scavare. Il secondo approfondimento dovrebbe concentrarsi, invece, sui rapporti tra la Democrazia Cristiana e OP. Pecorelli parlò spesso della necessità di rigenerare la Balena Bianca e si concentrò in più occasioni sui mali della DC e dei suoi esponenti. Due “piste d’indagine” che proveremo a sviluppare nel prossimo periodo. Su Pecorelli e OP c’è ancora moltissimo da fare.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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