Considerazioni sulla crisi russo-americana.

Sulle tensioni tra Russia e Ucraina, anche se sarebbe più corretto dire che Mosca sta fronteggiando soprattutto Washington e Londra, si è detto quasi tutto. Rimangono due ragionamenti di carattere meramente politico da fare. Il primo riguarda la retromarcia della classe dirigente ucraina, con Zelensky in prima fila. Inizialmente l’ex comico ha strizzato più e più volte l’occhio agli ambienti ultra atlantisti, La speranza era quella di ricevere i fondi di cui Kiev ha estremamente bisogno. Obiettivo parzialmente raggiunto. Diciamo parzialmente perché quando è stato chiaro che la situazione gli era sfuggita di mano, Zelensky ha cercato di calmare gli animi. Il presidente ucraino sa bene che i sacrifici sarebbero stati scaricati sulle spalle del suo popolo. Derivano da questo tardivo ragionamento gli appelli alla calma che hanno ricevuto pochissima attenzione mediatica in Occidente ma che sono stati pronunciati a più riprese da rappresentanti di Kiev. La sensazione è che questo montare della tensione, ed è questa la nostra seconda riflessione, convenga un po’ a tutti gli attori in gioco e soprattutto a Biden e a Putin. Il primo è stato accusato di debolezza e deve quindi mostrarsi duro nei confronti del Paese che i democratici hanno sempre identificato come il nemico numero uno. E quindi perché non mettere in pratica una delle regole non scritte della Storia: se le cose vanno male internamente, e per Biden stanno andando davvero male, meglio spostare l’attenzione all’estero. Putin d’altra parte sa che con questa escalation, quasi artificiale, può accelerare l’assorbimento de facto delle repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk. Un processo già iniziato con la concessione della tessera del partito Russia Unita ai leader separatisti e con le manovre d’integrazione economica. A ciò si aggiunge il vantaggio negoziale a cui Mosca aspira facendo bella mostra del suo muscolarismo militaresco. Siamo di fronte a uno dei massimi esempi di scontro tra opposti imperialismi. Ma c’è un aspetto determinante che mostra la differenza tra gli intenti egemonici russi e quelli statunitensi: i primi sono figli di un’espansione aggressiva della NATO verso est che non ci doveva essere. Con il crollo dell’URSS, Mosca prima è stata lasciata allo sbando e poi, quando si è ripresa, si è trovata all’angolo. Ora pretende sicurezza. A monte del problema che stiamo vivendo oggi c’è la volontà statunitense di stravincere sul nemico ideologico. Non c’è stata integrazione. Ma tornando al discorso originale, anche alla Bielorussia la tensione conviene. Ciò perché, proprio al tramonto della presidenza di Lukashenko, Mosca non si può permettere di non appoggiare incondizionatamente Minsk. Batka, da politico navigato ma sul viale del tramonto, lo sa e lo sfrutta. Stessa cosa, ma nello schieramento opposto, vale per i Paesi Baltici. I due grandi sconfitti sono l’Ucraina e l’Europa. La prima per ovvie ragioni. A nessuna Nazione conviene essere terreno di scontro, sia esso diplomatico o militare. La seconda perché rimane stritolata tra aumento dei prezzi delle materie prime e il sempre più oppressivo ombrello degli USA. Impossibile analizzare unitariamente l’azione diplomatica dell’UE perché quest’ultima non è altro che una struttura tecnica ed economica senza la volontà, e la capacità, di percorrere una qualsiasi strada autonoma che non sia fare lo “Yes Man” di Washington. Quindi, per concludere, diremo solo che se l’Italia avesse un minimo di accortezza userebbe la sua storica vicinanza alla Russia per mediare una pace che è nell’interesse di tutti i popoli. Accortezza che l’Italia non ha ed è quindi costretta ad appoggiarsi agli strafalcioni di Liz Truss, alla vanagloria di Macron e alla sete economica di Scholz. Roma rimane silente. Infine due parole sull’informazione occidentale sono da spendere. È da giorni che i media mainstream diffondono immagini di vecchiette che si esercitano nella guerriglia urbana a Kiev e pope ortodossi che dichiarano di essere pronti a morire per il sacro territorio ucraino. Per non parlare delle mappe sulle possibili direttrici d’invasione russe e dei video che mostrano l’esercito di Mosca ammassare uomini e mezzi ai confini occidentali. Un bombardamento mediatico dannoso e guerrafondaio, simile a quello a cui si assistette per la seconda guerra del Golfo. La stampa si faccia un esame di coscienza e capisca che la pace, da raggiungere con il dialogo diplomatico, sia l’unica soluzione percorribile.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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