Considerazioni sulle prossime elezioni

Mentre a Montecitorio si assisteva alla ribellione del Parlamento contro l’iracondo Mario Draghi, a Bologna scendevano in piazza i Cobas e l’Unione sindacale di Base. La motivazione delle proteste è da ricercare nella decisione della procura di Piacenza di emettere otto misure cautelari contro altrettanti esponenti dei due sindacati conflittuali, colpevoli di aver scioperato con fini estorsivi e quindi accusati di aver adempiuto al proprio dovere. Curioso, ma non troppo, il fatto che gli otto sindacalisti difendano soprattutto i vessati lavoratori della logistica, uno dei settori dove la conflittualità è più alta a causa dello sfruttamento dilagante. L’idea che la mossa sia stata politica e diretta contro coloro che creano più problemi allo strapotere di padroni avidi è molto fondata. A questa repressione vera e propria si aggiunge anche la condanna della portavoce di Potere al Popolo Marta Collot e di altri dirigenti dell’USB per le proteste successive all’omicidio di Abd Elsalam, avvenuto durante un picchetto. I reati sono quelli classici: resistenza a pubblico ufficiale, blocco stradale e manifestazioni non autorizzata. Queste sono le armi con cui si cerca di spezzare quel debole fronte che tenta ancora di difendere i più deboli. Un’altra manifestazione è avvenuta a Piacenza domenica 24 luglio. Erano presenti 3000 persone, dimostrazione che il Paese è ancora in grado di mobilitarsi. Ma la mancanza di un organismo politico, sia esso un movimento o un partito come sarebbe preferibile, che sappia incanalare il dissenso e intercettare consensi è troppo vistosa per non essere presa in considerazione. Nonostante molti movimenti sindacali e di lotta ignorino le prossime elezioni in quanto, giustamente, contrarie al frenetico elettoralismo di questi giorni, per salvaguardare la democrazia occorre il ritorno in Parlamento di forze che sappiano tutelare i diritti sociali, e in primis quelli dei lavoratori, con efficacia e capacità di coordinazione. Ad oggi però, non ce ne sono e quindi l’offensiva padronale sembra rompere tutti gli argini. Chi si farà carico del compito storico di ricreare un vero e proprio fronte popolare?

Questi avvenimenti stridono vistosamente con il discorso di Draghi al Parlamento. L’ex presidente della BCE ha affermato che “il Paese è con lui” in riferimento alle esigue manifestazioni in suo favore. L’eco mediatico è stato inversamente proporzionale al numero di partecipanti. Molto rumore su Tg e giornali per nulla. La stessa “spontaneità” di queste manifestazioni è quantomeno discutibile. La crisi di governo, come dimostrato da quello che è senza ombra di dubbio un inasprimento della repressione contro il movimento sindacale, è lontanissima dai bisogni del Paese ed è stata innescata da un mero calcolo elettorale. I pentastellati hanno capito, in ritardo colpevole, che la subalternità a Draghi era fortemente dannosa per il movimento. A ciò si sommano le pretese personalistiche dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Quest’ultimo è protagonista di una parabola politica molto peculiare. Da burattino di Salvini e Di Maio a uomo ben inserito negli apparati di Stato e senza scrupoli nel fare fuori colui che doveva essere il nuovo padre della Patria. Proprio lui, lo Stupor mundi, Mario Draghi ha palesemente e sonoramente fallito nel calarsi all’interno delle dinamiche politiche e parlamentari. Il discorso al Senato e la fermezza con cui pretendeva garanzie, e sostanzialmente mano libera, ha cozzato contro l’atteggiamento redivivo dei partiti. Draghi ha agito come agiscono i governi tecnici: esautorando il Parlamento, ponendo la fiducia in maniera esagerata e accentuando la centralità dell’esecutivo. Ma come ogni governo tecnico, è caduto perché troppo lontano dalle dinamiche che caratterizzano la nostra democrazia parlamentare. Ciò non toglie che le prossime elezioni saranno un bagno di sangue e che l’unica cosa da salvare della crisi di governo sia stata la caduta di Draghi. La classe politica sembra incapace di elaborare soluzioni ai problemi pressanti dell’Italia e il dibattito pubblico è sterilizzato da migliaia di polemiche quotidiane, inutilmente divisive. La decisione della Corte Costituzionale di dichiarare illegittimo il Jobs Act nella parte che riguarda i licenziamenti nelle piccole aziende e la poca attenzione riservata alla decisione è un segnale di come l’opinione pubblica sia troppo distratta e lontana dai problemi reali. La campagna elettorale balneare offrirà un’immagine ancora più avvilente del quadro politico nostrano e l’astensione sarà il vero rebus delle elezioni del 25 settembre. Da una parte il Partito Democratico insisterà enormemente sul suo ruolo di “argine” alle destre, ignorando il fatto che ci ha governato insieme fino alla crisi di luglio. Letta ha dichiarato che vorrebbe un abnorme campo largo che parte da Renzi, Calenda e il rivalutato Brunetta e arrivi fino alla gauche caviar di Fratoianni. Al centro di questa accozzaglia c’è, nelle intenzioni del segretario dei dem, “l’agenda Draghi” quindi il ritorno alla tecnocrazia con una spolverata di arcobaleno. Dall’altra parte c’è la destra che, a differenza del cosiddetto centrosinistra, è esattamente ciò che mostra di essere. Il primo partito della coalizione, Fratelli d’Italia, ha una base locale impresentabile in quanto contigua a mafia e movimenti di estrema destra così come la Lega, martellante sul tema della sicurezza ma incapace di andare oltre. Il dilemma del centrodestra è Forza Italia e la sua tenuta elettorale, quanti voti passeranno a Italia Viva e Calenda? Proprio il centro fa sorgere altre domande. Italia Viva, Azione, +Europa e molti altri partiti gemelli saranno da collocare nel futuro arco parlamentare. La sensazione che si possano avvicinare al PD facendo diventare ancora più di centro rispetto a quanto lo sia ora è fondata. Questi tre poli hanno in comune molto di più di quanto si pensi. La politica estera, in questo senso le dichiarazioni frettolose di filo atlantismo da parte di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia sono state illuminanti, e la politica economica sono perfettamente coincidenti ed è per questo che si farà un gran parlare di diritti civili, l’unico campo in cui ci sono effettivamente differenze. A sinistra si muove qualcosa con l’Unione popolare di Potere al Popolo, ManifestA e DEMA ed è proprio la presenza di Luigi De Magistris a rendere questo soggetto simile ai tanti carrozzoni che si sono visti in questi anni. Mentre risulta francamente difficile da inquadrare Uniti per la Costituzione che avvicina il Partito Comunista di Rizzo con Ancora Italia e Riconquistare l’Italia. C’è però da dire che solo questi ultimi soggetti, Unione Popolare e Uniti per la Costituzione, offrono una vera alternativa. Sarà abbastanza?

Pubblicato da unaltropuntodivista

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