Sorel e il suo pensiero

Un autore dimenticato ma interessante.

Per questo primo maggio vogliamo approfondire un pensatore border line ma estremamente affascinante. Uomo del suo tempo nel vero significato del termine, è stato facilmente dimenticato. Come è stato dimenticato la sua influenza sul pensiero italiano. Proprio da noi si sono sviluppati i maggiori pensatori soreliani fuori dalla Francia. Da Labriola a De Ambris per arrivare a Corridoni. Anche Gramsci prese in considerazione Sorel soprattutto per quanto riguarda la questione della religione. Ma i tratti più interessanti del pensiero del filosofo francese sono due: la teoria dei miti e, ovviamente, il suo pensiero riguardo lo sciopero generale, proletario e politico.

La teoria dei miti

Con la teoria dei miti Sorel si discosta dalla teoria marxista totalmente materialista. Ciò porterà a fraintendimenti riguardo lo spettro politico dove collocare il filosofo francese. Secondo Sorel gli uomini hanno bisogni di miti per mettere in moto la Storia e agire con decisione. Questa visione punta sull’irrazionalità dei sentimenti umani che deve essere eccitata al punto giusto per far sì che l’essere umano si dedichi anima e corpo alla causa dello sciopero. Sorel afferma che i miti sono sempre stati usati dall’uomo. Egli porta l’esempio principalmente dei primi cristiani. Essi agirono aspettando la seconda venuta di Cristo e quindi l’Apocalisse. Avendo questo mito, essi si votarono completamente alla causa permettendo il successo del cristianesimo. Poco importa che il mito cristiano avesse un fine che poi non si è minimamente avverato. Per Sorel è esattamente così che deve funzionare il mondo. Gli uomini agiscono avendo come scopo ultimo un qualcosa di mitico. Se poi il risultato delle loro azioni è simile ma non uguale a quello che avevano pensato e progettato è un dettaglio secondario. L’importante è che si agisca. Nel caso del pensiero soreliano il mito da inseguire è quello dello sciopero generale

Lo sciopero generale

Questo è decisamente il punto principale della teoria politica soreliana. Egli vede lo sciopero generale come una grande battaglia napoleonica con l’obiettivo della totale sconfitta del nemico. Una grande lotta campale. Sorel afferma che lo sciopero generale è il mito, inteso nell’accezione che abbiamo visto precedentemente, dei sindacalisti rivoluzionari. Quindi l’obiettivo è dare vita a un’enorme sciopero che porti i proletari a ribaltare lo status quo ed assumere il potere. A questo proposito si innestano due altre questioni decisive per Sorel: la prima riguarda la borghesia mentre la seconda l’uso della violenza. Per quanto riguarda la borghesia egli afferma che uno sciopero generale e rivoluzionario può avvenire solo in Nazioni dove la borghesia è all’apice della combattività. Quindi la classe rivale deve essere al massimo delle forze in modo da costringere il proletariato a compiere il massimo sforzo. Per questo Sorel è stato tacciato come il filosofo “della reazione” ignorando completamente il fatto che egli creda nella buona riuscita dello sciopero generale. C’è poi la questione della violenza che egli accetta in quanto necessaria in un contesto di conflittualità padrone/proletario che è eredita direttamente dal marxismo. Quindi se da una parte Sorel apre all’irrazionalità e quindi spezza l’unità materialistica di Marx, dall’altra tiene conto del materialismo per quanto riguarda la lotta tra classi sociali. La violenza è quindi vista come lo strumento che fa esplodere la conflittualità tra classi, mette in moto la ruota degli eventi storici e permette l’avvicinamento all’obiettivo dello sciopero generale e quindi alla nuova Società. Come si può facilmente notare sono concetti lontanissimi dai nostri schemi mentali.

Ma il peccato di Sorel è soprattutto quello di essere stato letto e apprezzato da Mussolini. Il futuro Duce, quando era ancora un socialista, definì il filosofo una sorta di padre spirituale. Ne apprezzava soprattutto la teoria sulla violenza. Ma Mussolini sbagliò completamente ad interpretarlo. Ad un lettore distratto può sembrare che ci siano affinità tra i due ma la realtà è che il Duce vedeva la violenza come strumento fine a sé stesso per arrivare a un futuro non meglio specificato. Sorel invece la vedeva come strumento dialettico per far progredire la Storia. Da questa incomprensione parte la leggenda del Sorel come reazionario e ispiratore del fascismo. Niente di più falso. Per quanto Sorel sembri sostenere tesi a metà tra il revisionismo e la rivoluzione, egli fu un pensatore marxista di livello. Ma fece di più. Diede vita a una sua teoria. Simil-marxista, che per anni influenzò il movimento sindacale franco-italiano, affascinando anche la componente anarchica molto presente in Spagna. Nonostante molte sue idee siano considerabili vetuste, Sorel merita una lettura in modo da non cadere in tranelli filosofici e recuperare l’affascinante concetto di sciopero generale.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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