La grande illusione

Un’analisi della prima fase delle proteste statunitensi.

Dal giorno della morte di George Floyd la protesta ha montato sempre di più, coinvolgendo tutti e cinquanta gli Stati e portando a manifestazioni pacifiche, scontri, saccheggi e una mobilitazione sociale che non si vedeva da anni nel territorio statunitensi. Il tutto in un contesto reso instabile da una pandemia che ha colpito duro. Negli ultimi giorni il movimento Black Lives Matter si è diffuso anche in Europa, rischiando di infiammare le banlieu francesi e le periferie inglesi. Ma la piega che sta prendendo il movimento rischia di far perdere la forza rivoluzionaria che sembrava essere presente nelle primissime fasi della sollevazione.

Infatti le proteste stanno diventando sempre più apertamente anti-Trump quando i dati mostrano che il numero di afro americani uccisi dalla polizia è inferiore a quello registrato sotto la presidenza Obama.


Fonte: https://mappingpoliceviolence.org/nationaltrends

Ciò accade perché l’opposizione a The Donald si sta rivelando l’unico collante che tiene unito un eterogeneo fronte de-ideologizzato. Si passa da gruppi di Antifa e anarchici alle Nuove Black Panther, da manifestanti pesantemente armati ai pacifisti del BLM. La più grande mancanza per lo sviluppo di questo movimento è proprio l’assenza di una chiara ideologia che vada oltre alla semplice constatazione che “anche le vite dei neri contano” e che “la violenza della polizia va condannata in toto”. Ciò accade perché non c’è metodo nei mezzi e negli obiettivi che si vogliono usare e raggiungere.

Ma il problema è più profondo. La domanda da porsi è questa: il sistema statunitense è riformabile? Oppure è una gabbia che soffoca ogni tentativo di cambiamento in un bipartitismo rigido? Le lotte del 1992 e soprattutto quelle del 1968 testimoniano i limiti del riformismo. Ma allora come si rompe la gabbia? Con questo movimento semplicemente non si può. Il comportamento dei democratici è chiaro: trasformare queste rivolte in un modo per indebolire Trump ma così si trasforma la sacrosanta ribellione di una minoranza ancora oggi troppo oppressa in uno strumento politico per ottenere la presidenza.

E questi movimenti di piazza non hanno gli anticorpi per proteggersi da questo uso strumentale proprio perché la loro linea d’azione non si basa su principi chiari. Basta vedere l’ipocrisia di Trudeau. Il primo ministro canadese, idolo dei radical chic di tutto il globo, ha ricevuto applausi per il suo silenzio di venti secondi prima di rispondere a una domanda su Trump e per essersi inginocchiato insieme ai manifestanti. Il tutto mentre ha autorizzato la vendita di miliardi di dollari di armi all’Arabia Saudita che li usa per affamare la popolazione dello Yemen.

Quindi vanno bene i pugni chiusi e le foto nere su Instagram. Va bene la mobilitazione di larghi strati della popolazione. Ciò che non va bene è lasciarsi manovrare da una parte dell’élite contro un’altra. Perché, e i dati lo mostrano, che siano i democratici o i repubblicani a governare quella che era la terra della libertà la musica è sempre la stessa: sfruttare la rabbia per riciclare il potere, preservandolo.

La radice del problema è come sempre il sistema economico. Il selvaggio capitalismo americano ha prodotto una quantità minuscola di ricchissimi ma lasciando larghissimi strati della popolazione in una situazione di povertà e ghettizzazione. Sia la popolazione povera bianca, che si è rifugiata tra le braccia di Trump, sia la popolazione povera nera, che si sta ribellando distruggendo intere città, hanno sofferto il disagio economi o sociale che sta attanagliano gli States.

In conclusione la mobilitazione sociale ha avuto lati positivi, devastazioni e saccheggi sono comprensibili in un contesto di rabbia esplosa in maniera incontrollata. Ma quando le proteste avrebbero dovuto fare un salto di qualità per portare un reale cambiamento, ecco il fallimento. Le sirene democratiche stanno inglobando il movimento incanalandolo in una critica sterile a Trump, un prodotto non voluto dal sistema e per questo da estromettere. Ciò non toglie assolutamente la totale incapacità del POTUS di gestire una situazione che richiede un acume politico che semplicemente non ha mai avuto, ma criticarlo è come guardare il dito quando si indica la luna. Trump è un sintomo di un sistema di potere incancrenito dal finto riformismo.

C’è possibilità di salvezza per gli USA?

Pubblicato da unaltropuntodivista

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