Le repubbliche partigiane libere

Breve storia di grandi esperimenti di democrazia.

Nel 1944 la situazione in Italia è difficile. Si è infatti nel pieno della lotta contro l’esercito nazifascista. Il 4 giugno, dopo lo sfondamento della linea Gustav, gli Alleati prendono Roma. La caduta della capitale unita alla sensazione percepibile in tutta l’Europa che il Terzo Reich fosse in ritirata fece sì che le bande partigiane acquisissero elementi. Ciò le rese più grandi e in grado di poter infastidire il nemico in maniera ancora più decisiva. La Repubblica Sociale Italiana era infatti quasi totalmente delegittimata e rimaneva in piedi, barcollante, solo grazie agli sforzi di un esercito tedesco che non poteva permettersi il crollo del fronte meridionale. A maggior ragione dopo che gli Alleati erano sbarcati anche in Francia. In questo contesto di lotta disperata si innesta il fenomeno delle repubbliche partigiane. Zone di Italia che si erano liberate da sole, molto prima di quel 25 aprile che celebriamo oggi. Nonostante fossero spesso caratterizzate dalla breve durata, queste repubbliche offrirono esempi lodevoli di autogoverno. Infastidirono infatti molto le autorità nazifasciste e furono testimonianza di riscatto nazionale contro chi aveva svenduto la patria al barbaro.

Ecco una lista di queste repubbliche:

Piemonte: Langhe e Alto Monferrato, Ossola, Lanzo e Mombercelli

Liguria: Torriglia

Lombardia: Saviore e Varzi

Emilia Romagna: Bardi, Bobbio e Montefiorino

Friuli Venezia Giulia: Carnia e Friuli orientale, Nimis

Umbria: Cascia

I confini della libertà. La cartografia delle "repubbliche partigiane"  nella storiografia sulla resistenza italiana
La collocazione di alcune repubbliche partigiane.

Pur essendo collocate in zone geografiche differenti le repubbliche libere partigiane hanno alcune caratteristiche comuni. In primis la volontà di ripristinare la forma democratica nel governo di tali zone. Infatti il controllo dei partigiani su queste aree non mirava a essere solo militare ma anche politico. L’obiettivo era quindi quello di far risorgere la democrazia nonostante il nemico alle porte e la guerra infuriante ovunque. D’altronde in Italia c’erano già stati esempi di repubbliche liberate e avanzate socialmente nonostante il contesto impossibile in cui si trovavano a operare. Il più fulgido esempio era quello della Repubblica Romana di quasi cento anni prima, nel 1849. Secondo lo storico Oliva, nel suo libro “Zone libere”, queste repubbliche libere agivano dal punto di vista politico principalmente in tre modi: il primo vedeva i comandi militari partigiani assumere in prima persona il controllo amministrativo di queste zone, il secondo consisteva nei commissari politici che sceglievano i membri del Comitato Nazionale di Liberazione e delle giunte che dovevano governare le repubbliche. L’ultimo modus operandi vedeva la creazione di assemblee elettorali che dovevano fornire la base di legittimità per le nuove istituzioni politiche.

Memorabili le parole di Longo, membro del comando generale della Brigate Garibaldi e futuro segretario del PCI, su queste esperienze coraggiose di autogoverno democratico succeduto a vere e proprie vittorie militari: «zone liberate, oasi di libertà in territorio nemico», «scuola di fraternità, di dignità civile e di democrazia», «fucine di una nuova inebriante democrazia».

Pajetta descriveva le caratteristiche delle repubbliche libere in questo modo:

“Una zona è davvero libera se, in stretta collaborazione con i partigiani, le popolazioni si governano in modo che ognuno sia cosciente collaboratore, che ognuno abbia la sua parte di responsabilità, che ognuno possa intervenire ad esprimere la propria opinione e a realizzare il proprio controllo sulle misure da prendersi […] Le zone libere devono essere i modelli dello stato italiano democratico.”

Ed effettivamente furono modelli per la futura Italia democratica e repubblicana.

La vita di queste repubbliche partigiane fu di breve durata. Le soverchianti forze nazifasciste riconquistarono piano piano le zone perse. In aggiunta gli Alleati si arenarono contro la Linea Gotica. Il 13 novembre 1944 il feldmaresciallo Alexander, comandante in capo delle forze alleate nel Mediterraneo, annunciò la fine di ogni operazione militare per l’inverno 1944/1945 e chiese ai partigiani di attestarsi su posizioni difensive. Le repubbliche erano cadute una dopo l’altra e non ne rimaneva in piedi nessuna. Ciò che si ergeva dalle macerie di un’Italia sventrata dal nemico e dal traditore della Patria era la consapevolezza che il nazifascismo era sul punto di essere sconfitto. Lo avevano dimostrato le repubbliche partigiane, liberate con fatica e rese oasi di democrazia in un deserto dove dominava il tiranno.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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