Louis Auguste Blanqui, un rivoluzionario instancabile

Breve biografia di un uomo mai domo.

Per questo primo maggio abbiamo deciso di scrivere un rapido ritratto di un grande uomo d’azione. L’anno scorso avevamo affrontato un teorico: Sorel (qua l’articolo https://unaltropuntodivista.altervista.org/sorel-e-il-suo-pensiero/). Mentre oggi dedichiamo la festa dei lavoratori a colui che Marx ha definito “la testa e il cuore del partito proletario in Francia”: Louis Auguste Blanqui. Oltre all’appellativo che gli diede il filosofo tedesco, già di per sé significativo dell’importanza che ebbe quest’uomo nella Storia del movimento operaio, la sua stessa esistenza è un monumento al progresso sociale. La vita di Blanqui fu piena di azione, meno di elucubrazioni teoriche ma proprio per questo degna di essere raccontata. Il rivoluzionario francese visse per quasi settantasei anni e ne spese trentaquattro in prigione. Un qualcosa di incredibile, fulgido esempio di abnegazione costante. Louis Auguste Blanqui, ennesimo personaggio scientemente lasciato cadere nell’oblio, merita di essere ricordato e riscoperto.

Biografia

Blanqui nacque l’8 febbraio 1805 Puget-Theniers, in Provenza. La famiglia stava economicamente bene e ciò gli permise di studiare. Appoggiò le pretese repubblicane, Blanqui infatti partecipò ai vittoriosi moti di luglio del 1830 contro Carlo X. Fu attivo nella Carboneria e fondò varie società: l’Amis du peuple nel 1831, poi la Société des droits de l’homme nel 1833 e in seguito la Société des familles. In tale occasione Blanqui venne arrestato per la prima volta e condannato a due anni. Successivamente aderì anche alla Carboneria ma non partecipò ai moti del 1834. Cinque anni dopo Blanqui venne condannato a morte, sentenza poi commutata in ergastolo ma venne amnistiato nel 1847. Protagonista dei moti del 1848, arrestato e spedito in Africa da dove tornò nel 1859. Ma Blanqui, soprannominato non a caso “Enfermé” cioè il “Recluso”, venne nuovamente arrestato nel 1861. Riparò in Belgio, qui diresse due giornali “Candide” e “La patrie in danger”. Blanqui rientrò nel 1870 in una Francia sconfitta dai prussiani e orfana della propria guida. Napoleone III era stato infatti preso prigioniero. Blanqui divenne il capo di un governo provvisorio, preludio della Comune, tuttavia venne fatto arrestare da Thiers e non partecipò all’esperienza comunarda nonostante i comunardi stessi avessero cercato di liberarlo con uno scambio di prigionieri. Blanqui venne condannato a morte per l’ennesima volta e per l’ennesima volta la sua pena venne commutata in carcere a vita. Fu liberato nel 1879. Oramai vecchio Blanqui morì nel 1881.

Opere e pensiero

La sua biografia mostra già un’instancabile attività rivoluzionaria. Quando aveva solamente diciannove anni, quindi negli anni venti dell‘800, Blanqui era coinvolto in moti rivoluzionari, di natura repubblicana e giacobina. Solo più avanti si avvicina al comunismo egualitario di Gracco Babeuf e di Filippo Buonarroti di cui aveva letto il resoconto sulla congiura degli Eguali. Quando Blanqui venne arrestato nel 1832 fece la sua celebre arringa davanti alla Corte d’Assise, definita successivamente “Autodifesa di un rivoluzionario”. Un discorso emozionante, di netto rifiuto delle autorità borghesi che opprimevano gran parte della popolazione francese e che servivano a mutuare un potere oppressivo. Il 12 maggio 1839 Blanqui organizzò un colpo di Stato che prevedeva l’occupazione del municipio di Parigi e di alcuni punti strategici della città ma venne sventato e imprigionato. Liberato giusto in tempo per i moti del 1848, anche qui fu protagonista assoluto. Alle azioni pratiche accompagnò un lavoro di attenta propaganda, soprattutto portata avanti attraverso giornali di vario tipo. Tra di essi, oltre ai già citati “Candide” e “La patrie in danger”, il “Ni Dieu, ni maitre”, tradotto in “Né Dio, né padrone.” Un nome che è tutto un programma per Blanqui e per i suoi sodali. Dopo essere evaso nel 1864 il rivoluzionario francese prepara il proprio gruppo con un’intensa attività di proselitismo e diffusione delle sue idee, oramai pienamente socialiste. Nel 1866 i blanquisti sono presenti alla fondazione della Prima Internazionale. Blanqui però non parteciperò alla grandissima esperienza della Comune di Parigi perché qualche mese prima aveva fallito un assalto a una caserma dei pompieri e venne arrestato di nuovo. Anche quando era prossimo alla morte si impegnò nell’attività giornalistica e Blanqui aprì il succitato “Ni Dieu, ni maitre”.

Louis Auguste Blanqui fu un socialista utopista, un rivoluzionario della generazione precedente a quella indottrinata da Marx ed Engels. Ebbe però il merito di essere un grande uomo d’azione, impossibile da piegare nonostante le sconfitte e le delusioni. Blanqui fu uno dei principali animatori del periodo delle lotte operaie in Francia, a cui il filosofo di Treviri dedicò pure un saggio. Ma il rivoluzionario francese fu anche il creatore di qualche spunto teorico interessante. Tra di essi l’idea che una minoranza del popolo avrebbe dovuto prendere il potere e avviare la transizione in una società più giusta per il proletariato. Blanqui anticipò in un certo senso sia l’idea di Marx ed Engels della dittatura del proletariato sia, in maniera un po’ più sfumata, della concezione leninista del partito come avanguardia rivoluzionaria di classe. In conclusione la figura di Louis Auguste Blanqui è ingiustamente molto poco conosciute. Ciò nonostante il fatto che i suoi contemporanei, tra cui i due filosofi tedeschi più decisivi di quell’epoca e anche della nostra, lo stimassero come leader valido e sincero difensore di una classe operaia giovane ma già pesantemente oppressa e pronta ad alzare la testa.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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