Riflessioni sulla debacle afghana.

La caduta rapidissima del governo di Kabul ha dato il via a una pletora di riflessioni. Alcune giuste, altre sbagliate o ingenue. Tuttavia tutte concordi nel definire il collasso afghano come un fallimento. Ma sarebbe più giusto usare il plurale. Infatti l’Occidente in Afghanistan ha fallito tre volte: dal punto di vista militare, politico e infine culturale. In primis infatti è una sconfitta militare. L’esercito afghano è stato profumatamente finanziato, 88 sono i miliardi spesi dai soli statunitensi, e addestrato dalle armate della NATO. Al vertice di queste nuove truppe, rinnovate e moderne, ci dovevano essere unità d’élite costruite a immagine e somiglianza di quelle Occidentali. Tutto ciò si è sciolto come neve al sole davanti all’avanzata dei Talebani. Non si contano le unità dell’esercito che si sono volatilizzate al momento dello scontro, preferendo la fuga e la consegna dei costosi equipaggiamenti al combattere. Quindi l’addestramento occidentale non è servito e la debacle militare dovrebbe imbarazzare coloro che avevano speso proclami per affermare la solidità dell’esercito afghano.
In secondo luogo il fallimento è politico. In vent’anni di presenza sul territorio le potenze occidentali, con in testa gli USA, non hanno creato nessuna istituzione credibile e men che meno uno Stato capace di affrontare i talebani. L’avanzata degli studenti del Corano si spiega anche con il fatto che il governo centrale non si sia radicato in nessun modo, nemmeno amministrativo, sul territorio. Testimonianza di ciò è il fatto che Ghani sia ricaduto nelle dinamiche tribali che caratterizzavano i primi anni di occupazione del paese asiatico. Il presidente afghano infatti ha provato la mossa della disperazione appellandosi agli antichi nemici dei Talebani cioè quei clan che avevano aiutato le potenze occidentali durante la guerra. Se il processo di state building fosse stato serio, non ci sarebbe stato bisogno di ciò.
Infine il fallimento è stato culturale. Come in Iraq, gli USA e i loro alleati hanno arbitrariamente deciso di velocizzare il processo storico cercando di instillare valori che non appartengono al popolo afghano. Sono numerose le testimonianze della capacità dei Talebani di controllare il territorio. Quest’ultimo, decisivo, processo è risultato impossibile da attuare per gli occidentali. La frattura tra potenze straniere e popolo afghano è incolmabile per l’ottusità delle prime che hanno creduto possibile occidentalizzare l’Afghanistan per poi rendersi conto troppo tardi che la strada fosse impraticabile. La decisione successiva è stata lasciare il popolo afghano in balia dei tagliagole islamisti. Errori folli che avranno conseguenze pesanti.
Biden ha deciso di proseguire sulla strada di Trump e ritirare le truppe dall’Afghanistan. La decisione è stata presa sapendo benissimo che il crollo del governo centrale sarebbe stato rapido. Ma creare il caos in quella zona potrebbe essere conveniente per gli statunitensi. Dovrà essere la Cina, insieme alla Russia, a impegnarsi in uno scenario complicatissimo e chiamato non a caso “tomba degli imperi”. L’atteggiamento à la Ponzio Pilato di Sleepy Joe avvalora questa tesi. Tuttavia ciò che si rischia di dimenticare è che l’Afghanistan è un Paese reale con uomini e donne veri. Queste ultime soprattutto hanno davanti a sé tempi durissimi se, come è probabile, i Talebani torneranno al potere insieme al loro fanatismo religioso. Un periodo di oscurantismo aspetta questa martoriata terra e l’Occidente ne è pienamente complice.

Pubblicato da unaltropuntodivista

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