Su una politica demografica di sinistra

La questione demografica è sempre stata vista con sospetto dalla sinistra italiano. Quando si parla dell’argomento infatti si rischia di precipitare in categorie di pensiero stantie oppure si viene accusati di oscurantismo e di svilimento della donna. Trovare l’equilibrio corretto per parlarne è di conseguenze impresa ardua. Ma c’è l’assoluta necessità di conciliare la nuova e potente consapevolezza del ruolo femminile e il bisogno di fare figli per garantirci un futuro avendo ben chiaro in testa che l’immigrazione che affronta ora l’Italia non è una soluzione. Essa è infatti tutta a vantaggio di pochi padroni che lucrano soffiando sul fuoco della guerra tra poveri.

A metà maggio si sono tenuti gli Stati generali della natalità a Roma dove sia papa Francesco sia Mario Draghi hanno affrontato il problema del calo drastico delle nascite. Tale questione in Italia è molto pressante perché il Paese sta attraversando una fase di inverno demografico molto acuta. Risollevare questi dati è un imperativo. L’importanza di questa tematica dovrebbe essere chiara ad ogni partito. Tuttavia non sembra che gli Stati generali abbiano aumentato l’attenzione su un argomento così fondamentale. La sinistra, quella vera, deve fare uno sforzo per comprendere il tema della ripresa demografica nel suo programma politico. Questo fatto sarebbe una novità dal momento che il fascismo aveva monopolizzato l’ambito della natalità durante il ventennio e da allora la sinistra non si è interessata all’argomento. Grave errore da non ripetere. Perché il problema si aggrava se si analizza più in profondità. La questione si articola infatti su due piani: economico e culturale.

Dal punto di vista economico le misure da prendere sono diverse e si potrebbe prendere spunto da altri Paesi dove la natalità non è un problema. Garantire asili, sia nidi sia normali, pubblici e gratuiti è un primo passo utile. Oltre a questo, è necessario un accesso più comodo ai mutui o ai prestiti per le coppie con figli che vogliono comprare una casa. Una misura che è stata presa in Ungheria ed è facilmente replicabile è la riduzione dei costi dell’energia per le famiglie. Un altro punto fondamentale sono le misure per i neo papà e le neo mamme sul posto di lavoro: congedi parentali, bonus e permessi. Iniziative che devono essere estese ai padri tenendo conto della società in cui viviamo. L’assegno famigliare nostrano è una buona mossa ma da sola non basta così come è possibile che non siano abbastanza tutte le manovre sopra elencate.

La questione demografica si risolve anche sul piano culturale. E qui viene il difficile. Il modello che si può definire “cattolico” è oramai superato. Di conseguenza riproporre, come sta facendo l’Ungheria, l’immagine della famiglia tradizionale rischia di essere inefficace nonostante questo istituto sia ancora forte in Italia. Quindi da un lato si deve provare a ricostruire l’immagine della famiglia classica. Ma occorre, nel contempo, cambiare paradigma. Fecondazione assistita e adozioni devono essere resi più sostenibili e accessibili a tutti. Famiglie con genitori dello stesso sesso devono poter adottare facilmente ed avere figli. Le madri single devono essere sostenute economicamente. I padri devono essere messi in condizione di partecipare attivamente alla cura dei figli quindi devono avere congedi e permessi. E dove non possono arrivare, per necessità, i genitori, devono esserci aiuti statali: asili, babysitter, agevolazioni varie. Essere madre o padre deve diventare un modo in cui si dispiegano le potenzialità degli esseri umani. 

Pubblicato da unaltropuntodivista

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